La notizia ha dato una forte scossa al mondo del food retail e a chi lo guarda con l’intento di investire: Poke House ha perfezionato un round di finanziamento da 20 milioni di euro che porta il valore della società a 100 milioni di euro. Un deal, per qualcuno forse inaspettato, in un momento in cui il settore soffre da 14 mesi ma che fa suonare la sveglia per tutto il mondo della finanza, che forse ha eccessivamente penalizzato il food retail causa pandemia concentrandosi su altri settori. Una valutazione simile fa invece capire, in modo molto chiaro, le potenzialità di alcune aziende che hanno saputo reagire alla crisi, addirittura accelerando lo sviluppo, puntando sulla tecnologia.
Poke House, uno dei brand fondatori di UBRI, usa le potenzialità del digitale per massimizzare la marginalità. Le capacità di saper raccogliere dati sui gusti dei clienti e analizzarli per rimodellare il proprio modello di business, sono state determinanti nel consentire una crescita in controtendenza con le altre realtà del settore, reagendo con grande reattività ai trend e cambiando abilmente rotta qualora alcune scelte si rivelassero di scarso successo. Inoltre il brand del pokè mette vari format diversi nel suo piano di sviluppo: i centri commerciali, gli angoli di tendenza delle grandi città, i chioschi all’aperto e le “dark kitchen”.
La nuova iniezione di capitale, guidata da Eulero Capital, con il sostegno di FG2 Capital e il reinvestimento di Milano Investment Partners (MIP), supporterà l’apertura di 200 nuovi locali sia nei Paesi attualmente coperti, sia su nuovi mercati come quello francese o inglese dove si apriranno nuovi store della start-up già entro quest’estate.
Matteo Pichi, membro del Comitato Direttivo UBRI e co-fondatore del brand Poke House racconta:
”Siamo davvero contenti di essere parte dello sviluppo della ristorazione organizzata in Italia. Siamo fermamente convinti che noi italiani saremo i protagonisti del food retail a livello internazionale, perché è nel nostro DNA. La cura per il cibo, a partire dalla selezione degli ingredienti fino al servizio e la cultura dell’accoglienza, sono parte del concetto stesso di Made in Italy e che possiamo tradurre in un nuovo modello di ristorazione da esportare anche all’estero.”
Quando la catena di locali è stata fondata, nel 2018, da Matteo Pichi e Vittoria Zanetti, il pokè non era diffuso come oggi, infatti una delle necessità del brand è stata quella di creare la domanda e formare il proprio pubblico trovandosi ora nella possibilità di saper rispondere alle richieste di un consumatore sempre più attento alla sostenibilità. Oggi, dopo soli due anni dalla sua nascita e nonostante l’ultimo anno sia stato segnato dalla pandemia e dalle chiusure, Poke House vanta 30 locali tra Italia, Spagna e Portogallo e punta ad un fatturato di 40 milioni per il 2021.
A proposito di UBRI, associazione in cui Matteo Pichi è attivamente impegnato sin dalla fondazione, con delega al delivery, ecco il suo pensiero:
“Con Ubri abbiamo trovato un’ associazione che ci permette di condividere best practice e pensare in grande, confrontandoci positivamente con i migliori player del mercato.”
Confrontarsi, condividere informazioni ed essere d’ispirazione reciproca, infatti, sono alcuni dei principi su cui gli imprenditori della ristorazione italiana membri di UBRI si basano per migliorare ed espandere le proprie attività, facendo diventare il settore della ristorazione un settore sempre più virtuoso.
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